Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 10 giugno 2023.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Schizofrenia: attività neurale aperiodica come nuovo marker diagnostico. La diagnosi e la gravità dei sintomi della schizofrenia sono associate a irregolarità nelle bande di frequenza oscillatoria teta, alfa, beta e gamma all’EEG, ma il valore dell’attività elettrica aperiodica non è stato mai studiato accuratamente. Erik J. Peterson e colleghi hanno analizzato le differenze tra pazienti schizofrenici e volontari sani nell’attività neurale aperiodica, stabilendo che questa attività presenta differenze altamente coerenti fra gli elettrodi e consente di distinguere tra schizofrenia e stato fisiologico, con efficacia superiore non solo alle analisi di banda oscillatoria, ma anche alle previsioni fatte usando le risposte comportamentali dei partecipanti allo studio. [Cfr. Clin EEG Neurosci. – AOP doi: 10.1177/15500594231165589, 2023].

 

Memoria: migliora il consolidamento al crescere della simmetria EEG nel sonno. Il consolidamento della memoria durante il sonno si ritiene dipenda dall’interazione tra onde lente corticali, fusi del sonno talamocorticali e ripples ippocampali, ma non vi sono evidenze dirette. Un nuovo studio condotto da Maya Geva-Sagiv e colleghi indica che la sincronizzazione ippocampo-talamocorticale durante il sonno supporta causalmente i processi di consolidamento della memoria nel cervello umano. [Cfr. Nature Neuroscience – AOP doi: 10.1038/s41593-023-01324-5, 2023].

 

Disturbo bipolare a ciclicità rapida (RC-BD): cosa ha rivelato lo studio di 1261 pazienti. Nota fin dagli anni Settanta, la forma a ciclicità rapida del disturbo bipolare (BD), identificata in base al verificarsi di almeno 4 episodi in un anno e alla bassa risposta al trattamento, è stata studiata da Alessandro Miola e colleghi in 1261 pazienti.

Nei pazienti BD la probabilità di sviluppare la forma RC è risultata del 9.36%, più elevata nelle donne e al crescere dell’età, e in BD2 maggiore di BD1. Lo studio ha rivelato che la ciclicità rapida non si conserva nel tempo e che in realtà non può considerarsi una forma specifica ma, con ogni probabilità, si produce come un effetto legato alla terapia con antidepressivi. [Cfr. Int J Bipolar Disord. 11 (1): 21, 2023].

 

Importanza dello stile di vita nell’adolescenza per la promozione della salute psico-fisica. Uno studio brasiliano condotto da Dartagnan Pinto Guedes e colleghi su 306 adolescenti di età compresa tra 14 e i 18 anni, adottando la AHPS (Adolescent Health Promotion Scale) e impiegando l’analisi multivariata dei dati, ha confermato l’importanza di nutrizione, supporto sociale, responsabilità della salute, apprezzamento della vita, esercizio motorio, esercizio cognitivo e abilità nella gestione dello stress, per un equilibrio fisiologico in età adulta. [Cfr. J Educ Health Promot. – AOP doi: 10.4103/jehp.jehp-1024-22.eCollection 2023].

 

La forza della presa della mano è associata alla suscettibilità alla SIFI negli anziani. La forza della presa della mano (grip) costituisce un parametro di studio longitudinale di invecchiamento e patologia neurologica molto affidabile. A O’ Dowd e colleghi hanno dimostrato che gli adulti anziani con una debole presa delle dita della mano presentavano una maggiore suscettibilità alla SIFI (sound induced flash illusion) di coloro che avevano una forte presa. La SIFI è una misura della precisione dell’integrazione audio-visiva temporale. Questo risultato indica che gli anziani con una presa più debole presentano una finestra espansa per il legame temporale negli eventi audio-visivi, che verosimilmente riflette una riduzione di integrità del sistema nervoso centrale. [Cfr. Aging Brain – AOP doi: 10.1016/j.nbas.2023.100076, 2023].

 

Il genoma dei primati: uno stato dell’arte indispensabile da conoscere. Science ha dedicato il numero monografico uscito lo scorso 2 giugno al genoma dei primati, con una copertina su cui campeggia una coppia di Rhinopitecus roxellana – una specie di scimmie originata da ibridazione, caratterizzata dalla pelle azzurra intorno agli occhi – che tiene abbracciato il proprio piccolo (Science 380 (6648) 2 Jun 2023). Sono raccolti studi di analisi genomica di 233 specie di primati non umani e, nell’insieme, una selezione di lavori che costituisce il più completo aggiornamento sull’argomento. [BM&L-Italia, giugno 2023].

 

Un cambiamento epocale del tempo di Galileo e Cartesio in genere ignorato. In assenza di elaboratori elettronici, varie categorie di studiosi e professionisti si rivolgevano ai matematici per l’esecuzione dei calcoli: un’attività che sottraeva tempo prezioso allo studio teoretico e alla risoluzione dei maggiori problemi della matematica di quel tempo. Nel 1614 John Napier (Giovanni Nepero) in Scozia, e indipendentemente nel 1620 Joost Bürgi in Svizzera, introdussero i logaritmi nel calcolo matematico, realizzando una vera rivoluzione. Henry Briggs nel 1616 modificò il metodo per i calcoli comuni, proponendo la base 10 e pubblicando tavole che davano i logaritmi di tutti i numeri da 1 a 20.000. “William Oughtred (1622) ed Edmund Gunter (1624) costruirono regoli calcolatori che consentivano di leggere in pochi secondi i risultati dei calcoli logaritmici. Tali ritrovati ridussero della metà il tempo dedicato al lavoro aritmetico da matematici, astronomi, statistici, navigatori e ingegneri…”[1]. Keplero fu così entusiasta delle tavole logaritmiche per il calcolo del moto dei pianeti che, nel 1620, scrisse un entusiastico panegirico e lo inviò a Napier, ignorando che il matematico e astrofisico scozzese era morto tre anni prima. Nepero, oltre ad aver introdotto il logaritmo naturale e ad aver inventato un dispositivo per eseguire moltiplicazioni (bastoncini di Nepero o ossi di Napier), è ricordato anche per aver usato per primo il puntino per separare i decimali. [BM&L-Italia, giugno 2023].

 

Perché si dice “inclinazione” per indicare la disposizione naturale verso un’arte, un sapere o una tecnica? La passiva superficialità imitativa con cui oggi si impiega la lingua nelle comunicazioni ha fatto perdere la buona abitudine culturale di interrogarsi sui modi di dire, non solo e non tanto per soddisfare una curiosità, quanto per tenere in esercizio attivo una consapevolezza intelligente dello strumento verbale che adoperiamo. Consideriamo il caso della spontanea tendenza verso un campo del sapere o un’arte. Nella stessa interpretazione del ruolo di genitori quali promotori di un’armonica crescita psicoemotiva e di un ottimale sviluppo affettivo e cognitivo dei propri figli, si tiene conto delle inclinazioni naturali, spesso evidenti fin dall’infanzia. Ma perché si dice “inclinazioni”?

Nel Medioevo, sotto l’impulso della rilettura araba di Aristotele diffusa con tesi alchemiche presso medici, matematici e logici, si fa strada una concezione cosmica interpretata da Avicenna, ma poi riletta in termini di neoplatonismo cristiano: l’intreccio degli influssi astrali emanati da Dio, fa convergere le forze dell’ordine del mondo sulle vicende direzionali dell’uomo (inferiora ex superioribus causantur)[2]. In particolare, esiste una inclinatio astrale che si esprime nelle tendenze e nelle vicende dell’uomo, ma non si tratta di un destino ineluttabile, come spiega San Tommaso d’Aquino: “Contra inclinationem coelestium corporum homo potest per rationem operari” (Summa Theologiae, II, II, q. XCX, 5).

Da ciò deriva l’uso dell’espressione inclinazione per indicare una dote e una propensione, che oggi tendiamo ad attribuire a caratteristiche genetiche ed epigenetiche, queste ultime legate ad apprendimento precoce. [BM&L-Italia, giugno 2023].

 

La mente medievale alle origini del mentale moderno e contemporaneo (XX) è una tematica che stiamo sviluppando al Seminario sull’Arte del Vivere (v. Note e Notizie 21-01-23 Notule; Note e Notizie 28-01-23 Notule; Note e Notizie 04-02-23 Notule; Note e Notizie 11-02-23 Notule; Note e Notizie 18-02-23 Notule; Note e Notizie 25-02-23 Notule; Note e Notizie 04-03-23 Notule; Note e Notizie 11-03-23; Note e Notizie 18-03-23 Notule; Note e Notizie 25-03-23 Notule; Note e Notizie 01-04-23 Notule; Note e Notizie 15-04-23; Note e Notizie 22-04-23; Note e Notizie 29-04-23; Note e Notizie 06-05-23; Note e Notizie 13-05-23; Note e Notizie 20-05-23; Note e Notizie 27-05-23; Note e Notizie 03-06-23) per spunti settimanali di riflessione e discussione: qui di seguito si riportano quelli del ventesimo incontro.

Riprendiamo dal confronto tra il fidanzamento, inteso come promessa di matrimonio, franco-germanico e italico.

Il fidanzato franco o di altra origine gotica si presentava a casa della futura sposa con una nutrita sequela di animali domestici e domesticati, che potevano fare compagnia e fungere da cibo; poi, con l’aiuto di familiari e amici, portava un letto con alcune coperte, un baule con dei vestiti e degli attrezzi agricoli e di altro uso domestico; se proveniva da famiglia benestante recava anche monete e preziosi.

Il fidanzato delle nostre terre, seguendo l’antica tradizione romana, portava l’anello d’oro o fede nuziale che assumeva in sé due valori simbolici: l’oro puro indicava l’autenticità del sentimento più profondo e il cerchio rappresentava l’eternità, dunque “amore eterno”. Nell’antica tradizione romana gli anelli nuziali si portavano al dito medio, poi si cominciò a portarli all’anulare della mano sinistra, e in epoca cristiana lo scambio delle fedi assume valore di simbolo sacramentale: l’unione dei due sposi con Dio per testimone. Nelle terre italiche, seguendo la concezione cristiana, si tiene ben distinto il fidanzamento, quale periodo di prova per conoscersi e verificare se dopo l’innamoramento possa nascere un sentimento di amore profondo necessario ad affrontare la costruzione di una famiglia, dall’unione matrimoniale che sancisce l’inizio della vita in comune.

È interessare notare che presso i Gallo-Romani, prima che si estendesse il dominio dei Franchi, si seguiva in tutto e per tutto il costume romano, al quale si aggiungeva un uso antico dei Galli: il fidanzato doveva offrire il pegno di pace domestica costituito da un paio di pantofole. Anche per gli anelli nuziali scambiati all’atto del fidanzamento i Galli seguono la tradizione romana e, dopo il matrimonio, le signore nobili, come le matrone romane, aggiungono al pollice della mano destra l’anello col sigillo, simbolo dell’autorità amministrativa sui beni di famiglia[3].

A proposito del valore simbolico dell’anello nuziale, sconosciuto ai barbari, nell’antichissima tradizione si può rinvenire un suggestivo filo culturale che attraversa tre civiltà: i Greci riconoscevano l’antica superiorità della tradizione medica egiziana e, anche se la grande scuola medica anatomica di Erofilo ed Erasistrato era di cultura greca, aveva sede ad Alessandria d’Egitto; i Greci conservavano fino a prova del contrario le affermazioni dei medici egiziani antichi. I Romani, assumendo la cultura greca, ereditarono con essa anche il rispetto per alcune convinzioni dei cerusici dei Faraoni. Costoro sostenevano che dall’anulare della mano sinistra parta un nervo diretto al cuore, sede del sentimento e, dunque, un anello simbolo d’amore doveva essere portato all’anulare della mano sinistra. Quest’uso dai Romani passò ai cristiani medievali, ed è ancora seguito.

Nella tradizione barbara, in cui non esiste il senso e il valore sacramentale dell’unione di coppia, il fidanzamento[4] è più importante del matrimonio, in quanto sancisce un accordo patrimoniale e di alleanza tra due gruppi familiari, che merita una grande celebrazione che “consisteva soprattutto in un grande banchetto, accompagnato da bevute, canti e scherzi e motteggi deliberatamente osceni al fine di propiziare la fecondità dei futuri sposi”[5]. A questo festeggiamento seguiva la raccolta dei doni recati alla sposa che, nell’insieme, costituivano la dote; quando tutti i regali erano stati ricevuti, si poteva definire l’inizio della vita matrimoniale. Mentre nella tradizione del diritto romano la dote era conferita alla sposa dalla sua famiglia con una scrittura vidimata e registrata, nell’uso germanico la dote consisteva nei doni recati dal fidanzato per conto della propria famiglia e portati alla sposa da tutti gli altri parenti e amici della coppia, davanti a tre testimoni.

Nel tempo, i Franchi definiscono un profilo legale per l’unione di coppia e stabiliscono che la cerimonia sia pubblica, ma si tratta sempre del fidanzamento, ossia della promessa reciproca, che diventa un contratto tra famiglie. Se un uomo non voleva più sposare la fidanzata e decideva di sposare un’altra donna, doveva pagare 62 scudi e mezzo di ammenda. Per i Burgundi, che erano rimasti legati a consuetudini tribali arcaiche, l’uomo doveva letteralmente comprare la donna da sposare pagando il valore del mund, chiamato wittimon[6], e pattuito in genere col padre della vergine: questo pagamento equivaleva al fidanzamento; se l’uomo, dopo aver pagato il wittimon, voleva sposare un’altra donna, doveva pagare al suocero un’ammenda di quattro volte la somma del riscatto dall’autorità paterna.

Questa realtà ci rimanda alla volontà della donna che nel mondo greco-romano, tranne eccezioni, era considerata e rispettata, mentre fra i popoli barbari europei non era presa in considerazione. E c’è motivo di credere che proprio l’ascesa di questi popoli dopo la caduta dell’Impero Romano abbia condizionato in modo marcato la condizione della donna nel Medioevo.

Non si ha notizia di donne che, nell’Alto Medioevo mitteleuropeo, si siano ribellate al matrimonio combinato e imposto dalla famiglia, eccetto che in ambito cristiano: è spesso citato l’esempio di due sante, Genoveffa di Parigi e Maxellende di Caudry, che osarono opporsi.

Genoveffa[7] proveniva da una famiglia di nobiltà Gallo-Romana e il padre, nonostante fosse Franco, latinizzò il suo nome, perché amava la cultura romana, che lo assisteva nella sua professione di magistrato di Nanterre, a sei chilometri da Lutetia (Parigi). Giovanissima conobbe i santi Germano di Auxerre e Lupo di Troyes e si consacrò vergine, rifiutando il matrimonio e la soggezione alla concezione dei rapporti umani che avevano i Franchi[8].

Maxellende era stata promessa ad Arduino d’Armeval, anche se aveva già scelto la consacrazione a Dio, motivo per cui rifiutò il matrimonio; al rifiuto, Arduino la uccise. L’assassino fu poi accecato e la povera Maxellende, che aveva solo vent’anni e la cui santità di vita era conosciuta dal suo vescovo fin dall’infanzia, fu canonizzata tre anni dopo la morte.

Sono state innumerevoli le storie tristi come questa nelle realtà europee dominate dai popoli di origine germanica; di ben altro tenore, nella stessa Francia, sono le testimonianze documentali delle cerimonie nuziali presso i Gallo-Romani, che sono simili a quelle che si trovano nelle cronache delle città italiane. Forse, un aspetto di compromesso tra la tradizione romana, in cui il fidanzamento è solo una promessa, e la tradizione germanica in cui la festa per l’impegno è più importante del matrimonio stesso, si può trovare nella tradizione galloromana: al termine della cerimonia pubblica che conferisce ai due giovani innamorati il ruolo ufficiale di “promessi sposi”, si concede loro di baciarsi sulla bocca.

Nella tradizione nuziale romana, trasmessa ai Galli, dopo il matrimonio sacramentale e il banchetto di nozze, il corteo festoso degli invitati segue gli sposi in un giro per la città che sembra avere il duplice fine della passeggiata di piacere e della presentazione al resto della comunità cittadina della nuova coppia. Una tradizione alla quale si fa risalire il costume moderno del “viaggio di nozze”, ma che presso i Gallo-Romani era finalizzata al rito giocoso dell’accompagnamento degli sposi a casa, nella loro camera, fino al “metterli a letto”: una sorta di rappresentazione simbolica dell’autorizzazione della società all’unione fisica.

È evidente che questa tradizione è coerente con la concezione cristiana della coppia consacrata e con l’antica organizzazione civile dei rapporti di parentela: il letto nuziale ne rappresenta un’efficace metonimia contrapposta al giaciglio comune dei Franchi: “L’enorme vastità della famiglia franca spiega le grandi case di legno in forma di halles nelle quali vivevano diverse dozzine di persone […] umili abitazioni nelle quali dormono in un solo letto comune nonni, zii e zie, cugini e cugine, con i loro figli, e in più schiavi e servitori, spesso più di una dozzina di persone, nudi, l’uno contro l’altro, tutti nello stesso calore da incubatrice”[9].

Per i Franchi, e in genere per tutti i Germani, le nozze si identificano con la consumazione, e poi: “L’importante resta sempre, la mattina dopo la prima notte di nozze, il morgengabe, il nuovo dono, in aggiunta a quelli precedenti, che il marito fa alla donna sposata, e di cui ci restano testimonianze certe presso i Franchi come presso i Burgundi. Esso vuole essere espressione della gratitudine del marito per aver trovato vergine la sposa, ed è quindi una garanzia che i figli che essa metterà al mondo non appartengono che a lui. In altri termini attesta che il sangue della sposa è puro…”[10].

Tutte le differenze tra la tradizione romano-cristiana e i costumi barbari riportano a una diversità di sostanza: nel primo caso tutto il comportamento rimanda a una radice ideale e spirituale di senso, all’assoluto della volontà divina, nel secondo caso a un gioco di interessi e convenienze sviluppati intorno agli istinti naturali. Il cristiano vive in presenza di Dio: la sua condotta o è compimento della sua volontà o è peccato; il matrimonio come sacramento compie la volontà divina che consiste nel dare origine a una famiglia che contribuisca con il suo operato alla realizzazione del Regno di Dio sulla terra. Il barbaro non ha l’assoluto e l’ideale nel quotidiano e nella distinzione tra bene e male: il suo orizzonte è quello del rapporto tra l’interesse personale e quello dei potenti; il bene è per lui la soddisfazione dei bisogni e dei desideri propri e del gruppo di persone con le quali si identifica.

È interessante considerare come la morale sessuale nella tradizione cristiana apostolica sia declinata nei termini dei doveri e dei diritti degli sposi definiti da San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi, in cui è evidente il ruolo di responsabilità assunto da ciascun coniuge per l’altro presso Dio: “La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie. Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché satana non vi tenti nei momenti di passione”[11]. E poi: “Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere”[12].

Per i popoli barbari la sessualità è questione di soddisfazione dell’istinto e purezza della razza, pertanto limitata dal rischio di causare una gravidanza indesiderata: non vi è peccato che porta all’inferno, ma solo abilità nell’evitare rapporti sessuali che espongano al pericolo di morte per la vendetta di un marito, di un padre o di altri parenti. Si comprende quanto sia stata difficile per Franchi e Burgundi convertiti l’assunzione di costumi coerenti con la morale cristiana. [BM&L-Italia, giugno 2023].

 

Notule

BM&L-10 giugno 2023

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[1] Will e Ariel Durant, L’apoteosi inglese, § 2: La scienza, in Storia della Civiltà – L’Avvento della Ragione, vol. I, p. 188, Edito-Service S.A., Ginevra e Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1963.

[2] Sigieri di Brabante, De necessitate et contingentia causarum, 1272. Dante colloca in Paradiso Sigieri di Brabante, precisamente nel Quarto Cielo, dove è introdotto da San Tommaso d’Aquino (Paradiso X, 133-138).

[3] Nelle tombe romane sono stati rinvenuti anelli con sigillo al pollice destro delle signore.

[4] Lo chiamano così gli storici, ma il termine è improprio, come vedremo più avanti.

[5] Michel Rouche, L’Alto Medioevo occidentale in La vita privata dall’Impero romano all’anno Mille (a cura di Philippe Ariès & Georges Duby) pp. 352-353, CDE (su licenza G. Laterza e figli) Milano 1986.

[6] Wittimon o witimon è una parola burgunda derivata dal proto-germanico *wetmô che vuol dire “dote”.

[7] Non vi sono certezze sull’origine del nome Geneviève che, in lingua celtica, significa “dalle bianche guance”, ma che potrebbe derivare dal germanico Geno-veifa e significare “nata dal grembo di una donna” (Michel Rouche, IV – Il grande scontro (375-435) in Attila, I protagonisti della storia, vol. 14, p. 131, Salerno Editrice, Pioltello (MI) 2019).

[8] La sua vita di eroismi e miracoli è celebrata in Vita Genovefae, scritta da un anonimo vent’anni dopo la sua morte, e ripresa da Michel Rouche in Attila (op. cit., idem). Fu la grande eroina della resistenza agli Unni di Attila, il flagello di Dio, pronunciando a Parigi un celebre discorso, che includeva queste parole passate alla storia: “Che gli uomini fuggano, se vogliono e se non sono più capaci di battersi. Noi donne pregheremo Iddio così tanto che ascolterà le nostre suppliche”. Mangiava solo due volte a settimana: giovedì e domenica; a cinquant’anni i medici la convinsero a integrare con pesce e latte la sua dieta a base di pani d’orzo e fave bollite. Continuò a praticare digiuni e operare miracoli fino a 90 anni.

[9] Michel Rouche, L’Alto Medioevo occidentale, op. cit., p. 351.

[10] Michel Rouche, L’Alto Medioevo occidentale, op. cit., p. 353.

[11] San Paolo, Prima Lettera ai Corinzi 7, 4-5.

[12] San Paolo, Prima Lettera ai Corinzi 7, 8-9.